I fattori ambientali, sociali e di governance (Environmental, Social, Governance) e la finanza sostenibile sono sempre più rilevanti per le aziende. A spingere verso pratiche, prospettive e politiche di sostenibilità sono le istanze di clienti, dipendenti, istituzioni e investitori. Recentemente, Larry Fink, fondatore e CEO di BlackRock, ha parlato di una «completa trasformazione della finanza», sottolineando l’importanza degli ESG nelle scelte di investimento.
I primi studi sul legame tra le performance finanziarie aziendali e quelle relative agli aspetti socio-ambientali risalgono alla prima decade del 2000, e si collocavano all’interno di un ramo di ricerca che attingeva dal management strategico e dall’etica aziendale. Tuttavia, ad oggi pochi fondi di private equity hanno iniziato a integrare gli aspetti ESG nelle proprie decisioni di investimento.
Pochi studi hanno indagato se e come i fondi di private equity integrano i fattori ESG, i motivi e le criticità riscontrate in tali attività. Per comprendere meglio questo fenomeno, Matteo Pedrini (Professore ordinario di Corporate Strategy e responsabile della ricerca in ALTIS) e Maria Cristina Zaccone (Dottoranda di ricerca in Management e Innovazione all’Università Cattolica e ricercatrice ALTIS) hanno condotto un’indagine coinvolgendo i top players del private equity.
Tramite la somministrazione di un questionario a 23 fondi di private equity (operanti in Italia, Svizzera, Stati Uniti, Regno Unito e Francia) e grazie a delle interviste ad esperti del tema, è stato possibile comprendere le attività svolte dai fondi per integrare i fattori ESG nelle proprie attività.
La principale attività dei fondi di private equity (PE) consiste nel comprare aziende, per poi rivenderle sul mercato a un prezzo più elevato rispetto a quello sostenuto nella fase di acquisto.
Le prime occasioni di contatto tra il private equity e gli ESG possono essere fatte risalire al 2009, quando lo United States Private Equity Council si posizionò pubblicamente in merito agli investimenti responsabili, adottando linee guida che coprivano temi sociali o di ambiente, salute, lavoro e governance.
In quegli anni, si prediligeva ancora la strategia di esclusione, che consisteva nell’ignorare aziende di determinati settori o ambiti, considerati “controversi” per questioni morali o etiche. Con il passare del tempo, per via delle limitazioni che questo approccio comportava, gli investimenti etici e responsabili hanno adottato una più estesa visione degli ESG.
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Alcuni esempi di aspetti ambientali, sociali e di governance (ESG)
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L’integrazione degli ESG nelle attività e strategie aziendali e nelle scelte di investimento è ormai un dato di fatto per molti fondi di private equity. Il 72,7% degli intervistati ha affermato di tenere in maggiore considerazione questi criteri rispetto a cinque anni fa, per vari motivi. Chi integra gli ESG nell’ambito delle proprie attività, lo fa perché mosso dal desiderio di adeguarsi agli standard internazionali (38,1%) o alla regolamentazione locale (45%), oppure dietro alle pressioni dei media (68,2%) e degli investitori (52,4%). In aggiunta, il 31,8% è fortemente convinto che sia importante monitorare e integrare questi criteri per limitare il più possibili i rischi.
I fondi di private equity integrano questi aspetti adottando due diversi approcci: alcuni sono più interessati a gestire e ridurre i rischi, altri sono orientati alla creazione di valore. Nello specifico, questa attività avviene principalmente nelle seguenti fasi:
Inoltre, fanno affidamento ai seguenti strumenti:
Checklist (63,6%) |
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Servizi di consulenza legale /fiscale (45,4%) |
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Supporto da parte di professionisti esperti in ambito ESG (40,9%) |
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Banche dati private (22,7%) |
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Rating ESG disponibili al pubblico (13,6%) |
Nel decidere se svolgere una ESG due diligence, la maggior parte dei fondi di private equity adotta i seguenti criteri:
il modello di business dell’azienda target (59,1%) |
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la maturità del settore nell’integrare gli ESG (45,5%) |
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l’ammontare di investimento (es. minoritario, maggioritario) (22,7%) | |
la dimensione dell’azienda target (4,5%) |
Lo studio ha evidenziato come un numero crescente di fondi di PE si stia dotando di un comitato interno responsabile dell’integrazione degli aspetti ESG.
Nonostante il crescente interesse verso la sostenibilità, emergono delle difficoltà che ostacolano l’efficace integrazione degli ESG all’interno delle attività di due diligence. Il 59,1% dei rispondenti ha dichiarato infatti di possedere insufficienti informazioni sugli aspetti ambientali e sociali e sulle modalità per misurarli in modo adeguato. Inoltre, più del 40,9% lamenta una carenza di competenze interne per la gestione ottimale di questa attività, il che spesso comporta un maggiore dispendio di tempo.
Un segnale positivo è rinvenibile nella crescente adozione da parte delle aziende degli standard GRI per la rendicontazione delle proprie attività. Ciò consente non solo di rendicontare in modo chiaro ed efficace le iniziative ESG, ma favorisce anche l’analisi e il confronto fra aziende dello stesso settore.
Infine, lo studio evidenzia la tendenza da parte dei fondi di PE a considerare gli aspetti ambientali, sociali e di governance esclusivamente in ottica di risk management, come una via per proteggere le aziende in portafoglio dai possibili rischi. I fondi di PE, ad oggi, non considerano gli aspetti ESG come una possibile via per la creazione di valore, per questo è importante continuare a fare sensibilizzazione ed educazione sui temi della finanza sostenibile tra le aziende e gli investitori.
Il paper originale è stato pubblicato il 16 luglio 2020.
È stato tradotto e riadattato da Erika Lisa Panuccio e pubblicato sul sito di ALTIS il 28 gennaio 2021.
Il paper originale: Zaccone, M.C.; Pedrini, M. ESG Factor Integration into Private Equity. Sustainability 2020, 12, 5725.
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