Le piccole e medie imprese comunicano adeguatamente la sostenibilità del loro business? Le metodologie di rilevazione dei criteri ESG sono applicabili in modo standard a tutte? Da queste domande è scaturito uno studio condotto da ALTIS Università Cattolica ed Equita, Investment Bank indipendente italiana. La ricerca “Sostenibilità: una valutazione su misura per le PMI” si è concentrata sulle attuali metodologie di rating ESG, al fine di considerare come potrebbero meglio adattarsi alle PMI e guidare dunque le stesse società a valorizzare al meglio i loro punti di forza nell’ambito della sostenibilità.
Presentata al pubblico il 9 settembre 2019, la ricerca si è basata sulle risposte raccolte con un questionario, predisposto dai team di ALTIS ed Equita e somministrato a più di 30 società con capitalizzazione compresa tra 250 milioni e 4 miliardi di euro. Dall’analisi dei dati raccolti, sono emerse una serie di criticità nel processo di valutazione delle azioni di sostenibilità delle PMI: dalla difficoltà di interazione con le agenzie di rating, alle mancanze, in termini formali e strutturali, delle stesse imprese che talvolta non presidiano adeguatamente il proces so di valutazione e non dispongono di policy formali e pubbliche, le uniche prese in considerazione dalle grandi agenzie.
Nel valutare questo tipo di performance, si tende ad adottare lo stesso approccio standardizzato sia verso le grandi imprese sia verso quelle di piccole e medie dimensioni, nonostante le rilevanti differenze in essere tra le due tipologie. Questo non può che impattare significativamente sui punteggi di sostenibilità e sulla valutazione finale, come sottolineato da Marcello Bianchi, Vicedirettore Generale di Assonime, durante la tavola rotonda che ha seguito la presentazione dei risultati. Per esempio, le PMI, essendo realtà a forte radicamento territoriale, in genere investono molto sulla componente “Social” di ESG, come nel caso di Garofalo Health Care, azienda rappresentata dalla CEO Maria Laura Garofalo.
Questa tendenza finisce per penalizzarle, in quanto non esiste una definizione o interpretazione unanime su quali attività possano essere inscritte in questa categoria, di natura per lo più qualitativa, mentre è più facile valutare le azioni relative alle componenti “Economic” e “Governance”, a cui viene spesso attribuito un maggior peso dalle agenzie di rating. Queste due componenti richiedono inoltre l’investimento di una serie di risorse – umane, economiche, di tempo – più agevolmente accessibili e gestibili per realtà grandi e strutturate. Ciononostante, non è corretto concludere che le PMI abbiano sistematicamente punteggi ESG inferiori rispetto alle controparti di grandi dimensioni e che non possano generare impatti ugualmente rilevanti.
Detto questo, dallo studio emergono due scenari critici: nel primo, vi sono aziende che adottano un approccio limitato o quasi assente alla sostenibilità, perché privi di conoscenze e strumenti utili a integrarla internamente; nel secondo, vi sono aziende che pur impegnandosi attivamente in questo senso, non comunicano all’esterno quanto fatto. Se il primo è risolvibile tramite percorsi di educazione sulla sostenibilità e sulla creazione di valore, l’altro necessita di una diversa forma di educazione, sull’importanza di far sapere. Non comunicare esplicitamente il proprio impegno verso i criteri ESG, significa perdere l’occasione di mostrare il valore creato e migliorare la propria brand reputation, oltre a rendere più problematico per le agenzie di rating il reperimento di importanti informazioni sulla condotta dell’azienda. Questi ultimi aspetti sono stati sottolineati anche da Simone Chelini, Responsabile della Corporate Governance, Sustainability e Strategie Attiviste in Eurizon, che ha arricchito la tavola rotonda portando la prospettiva dell’investitore.
In accordo con gli autori della ricerca anche Roberto Celot, CFO di Zignago Vetro, il quale ha affermato che l’adozione di rating ESG per la piccola e media impresa – con una spiccata attenzione sulla componente “Social”, in aggiunta ai temi di governance, ambiente ed energia – è un processo da un lato auspicabile e dall’altro ineluttabile. Una transizione in tal senso espande l’universo investibile per la realizzazione di strategie di finanza sostenibile, integrando un segmento di mercato popolato da società interessanti sia per l’aspetto economico che per la loro dimensione sociale e ambientale; d’altra parte, l’espansione così impetuosa della finanza sostenibile rende inevitabile dotare di rating non finanziari più emittenti possibili. È fondamentale quindi stimolare aziende e investitori a prendere in considerazione i criteri ESG, dando vita a un dialogo tra le parti, che permetta di condividere informazioni utili a sviluppare delle valutazioni più complete e non distorte, come suggerito da Barbara Lunghi, Responsabile dei Mercati Primari in Borsa Italiana. In chiusura dell’evento, i contributi di Patrizia Grieco, Presidente del Comitato italiano di Corporate Governance e Presidente Enel, e di Paolo Ciocca, Commissario Consob, hanno evidenziato ancora una volta l’importanza di fare rete tra i diversi attori coinvolti, al fine di favorire l’adozione di un sistema che favorisca una reale integrazione della sostenibilità in azienda.
Equita, che ha recentement lanciato la propria Sgr, rivolge molta attenzione alla sostenibilità nella finanza. Andrea Vismara, Amministratore Delegato di Equita, ha infatti commentato:
«Siamo sempre più convinti che il tema della sostenibilità sia di fondamentale importanza nell’ambito finanziario. Per Equita per esempio ha triplice valenza: in primis, essendo leader in Italia nella ricerca su società quotate, dobbiamo aver ben chiaro come le diverse tematiche ESG possono influenzare la valutazione di una azienda, al fine di supportare al meglio le decisioni degli investitori; in secondo luogo, con le attività di alternative asset management impieghiamo le risorse dei nostri clienti privilegiando investimenti in realtà che adottano pratiche sostenibili; siamo infine una società quotata e in quanto tale dobbiamo essere attenti alle tematiche ESG, in modo da promuovere lo sviluppo di un business sostenibile e remunerare i nostri azionisti».
Alle parole di Vismara, si sono unite quelle di Vito Moramarco, Direttore dell’Alta Scuola:
«Per ALTIS, la transizione verso uno sviluppo sostenibile implica che anche il mondo della finanza si responsabilizzi in questo senso. Questo passo è tanto importante che, in quanto realtà accademica, abbiamo deciso di costruire dei percorsi di formazione in partnership con i leader del settore finanziario, con lo scopo di preparare professionisti capaci di farsi promotori di questi valori presso le imprese e gli investitori. È fondamentale che realtà diverse operino insieme perché le buone pratiche della finanza sostenibile si diffondano in modo sistematico nell’ecosistema italiano. La ricerca condotta con Equita è pertanto di altissimo valore per l’Alta Scuola, in quanto unisce expertise diverse, con lo scopo di apportare un contributo concreto allo sviluppo strutturato della finanza a impatto e di guidare gli investitori verso un futuro più sostenibile. La partecipazione all’evento e il dibattito stimolato nella giornata di oggi testimoniano che siamo sulla strada giusta.»
I futuri sviluppi dello studio ALTIS-Equita sono imprescindibilmente legati all’espansione dell’analisi, per ampliare il campione e raggiungere una maggior robustezza statistica, e l’estensione della stessa a società di capitalizzazione minore, per le quali si presume che l’effetto distorsivo sia ancora più rilevante rispetto a quanto analizzato finora.