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Alessia Ielo, Brenntag: «La sostenibilità non è un traguardo, ma un percorso di evoluzione continua»

Alessia Ielo è Global Sustainable Solutions Manager nel dipartimento BES – Essentials e chimica di base di Brenntag, colosso mondiale nella distribuzione di prodotti chimici, con più di 17.700 dipendenti in 72 Paesi e un fatturato di 16,8 milioni di euro nel 2023. Nella prossima edizione dell’Executive Master in Innovability Management – EMIIM, porterà la sua testimonianza manageriale anche in qualità di co-responsabile interna per le tematiche LCA – Life Cycle Assessment (assieme al Vice President Sustainability) e responsabile globale delle iniziative legate al CO2e Management, inclusi lo sviluppo e la diffusione del tool digitale CO2Xplorer. Il nostro dialogo parte proprio dalla sua attività, che esprime in modo efficace il legame sempre più stretto tra sostenibilità e innovazione.

Qual è stata l’innovazione che ha apportato?

Ho sviluppato la metodologia certificata TÜV Rheinland per il calcolo del Product Carbon Footprint (PCF) che utilizziamo in azienda e, recentemente, ho redatto anche la metodologia di calcolo per i prodotti circolari, ora in fase di revisione da parte dello stesso ente certificatore.

Quali sono le sue altre attività in azienda?

Supporto le attività commerciali e strategiche per i due dipartimenti BES (ESsentials – chimici di base) e BSP (SPecialties – chimici specialità) attraverso analisi e applicazioni legate alla carbon footprint. In questo ambito ho sviluppato la nostra metodologia per il calcolo dello Scope 3.1. Sono inoltre responsabile per l’attività di didattica interna e la creazione di materiali formativi che, ad oggi sono stati distribuiti e frequentati da oltre 2.000 colleghi a livello globale.

Come si mantiene aggiornata?

Sul piano della formazione formale, sto frequentando il corso di laurea in Management per la Sostenibilità presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Parallelamente, ho costruito un solido profilo tecnico grazie a un percorso di formazione non formale, tra cui i corsi in Life Cycle Assessment (LCA) e Carbon Footprint, le certificazioni in ambito sostenibilità ambientale, economia circolare e compliance normativa, con la partecipazione a programmi di formazione continua in data management ambientale, reportistica ESG, strumenti digitali per la sostenibilità e change management.

Quali vantaggi porta questa combinazione di formazione accademica, tecnica e sul campo?

Mi permette di contribuire attivamente allo sviluppo di strategie di sostenibilità concrete, integrate nei processi aziendali.

La vostra azienda ha infatti avviato una trasformazione profonda per integrare la sostnebilità come leva strategica

A partire dal 2021, Brenntag ha pubblicato i propri Science-Based Targets (SBTi) convalidati, assumendo impegni formali per ridurre le emissioni Scope 1, 2 e 3, per eliminare progressivamente sostanze chimiche critiche come PFAS e SVHC e per aumentare la trasparenza e tracciabilità ambientale, anche attraverso strumenti digitali.

Come avete perseguito questi obiettivi?

Attraverso un vero e proprio riallineamento strutturale, con la creazione di nuovi dipartimenti focalizzati sulla sostenibilità.

Quali?

Parliamo del team Corporate Sustainability, che si occupa di governance e risk management ESG e dei i team Commercial Sustainability @BES e @BSP, che lavorano all’integrazione della sostenibilità nelle attività commerciali. Un’attività svolta da Business Development Manager dedicati a Economia Circolare e Safer Products e da un Global Sustainable Solutions Manager e da un Global Sustainability Manager dedicati rispettivamente alla CO2e management e a coordinare tutte le attività legate alla sostenibilità nelle divisioni BES e BSP.

Immaginiamo che creare dipartimenti non basti.

Certo, è stato infatti fondamentale formare l’intera organizzazione, a livello globale, affinché la sostenibilità non restasse un concetto astratto, ma diventasse parte concreta del lavoro quotidiano. Per questo abbiamo sviluppato programmi di training e workshop su CO2e Management, Circular Economy e Safer products che hanno già coinvolto oltre 2.000 colleghi, con sessioni teoriche, esercitazioni pratiche e demo dei tool disponibili. Inoltre, abbiamo creato dei minisiti disponibili per tutti i colleghi a livello globale, concentrati sia su temi di sostenibilità ambientale in generale e sui framework legislativi, sia su temi specifici come CO2e management, Circular Economy e Safer products, assieme a linee guida sul come affrontare tali argomenti nei vis-a-vis con clienti e fornitori.

Ci sono altre iniziative che avete messo in campo in merito?

Stiamo digitalizzando il processo di apprendimento con moduli e-learning (es. in Workday), tool interattivi, brochure, pagine web e sessioni on-demand. Stiamo inoltre portando avanti la formazione cross-funzionale, coinvolgendo figure commerciali, tecniche e manageriali, in tutte le regioni.

Qual è stata “la chiave” per attuare una strategia così articolata?

In questo complesso processo è fondamentale osservare che è stato necessario ridefinire le responsabilità, creare nuovi ruoli ibridi, diffondere know-how tecnico, instaurando così una cultura più improntata a sviluppare nuovi business “eco-friendly”, affinché ogni unità potesse contribuire attivamente agli obiettivi ambientali aziendali e dei nostri clienti. Questo approccio sistemico è oggi un caso studio di change management, in cui valori, competenze, tecnologie e struttura organizzativa si riallineano per rispondere a nuove sfide ambientali e regolatorie.

Torniamo a parlare di soluzioni, che cos’è CO2Xplorer?

È la suite digitale sviluppata da Brenntag per misurare e comunicare in modo trasparente l’impatto ambientale dei prodotti chimici lungo la supply chain (cradle-to-gate). Non si tratta di un semplice tool di calcolo, ma di una piattaforma integrata nel business e certificata TÜV Rheinland, che supporta decisioni operative e strategiche, rendendo la quantificazione della carbon footprint accessibile e standardizzata anche in settori complessi come la distribuzione chimica.

Perché è stato assegnato a Brenntag l’ICIS Innovation Award per innovazione digitale?

Per un insieme di motivazioni diverse, quali la capacità di colmare il divario tra dati LCA complessi e utilizzo commerciale concreto da parte di clienti e fornitori. Poi per l’utilizzo di una metodologia auditabile che consente la generazione automatica di PCF passport audit-proof e conformi alle normative come la CSRD. Il riconoscimento ha poi considerato l’impatto diretto sull’abilitazione di scelte a basse emissioni, non solo per Brenntag ma per l’intero ecosistema di stakeholder, per la scalabilità della soluzione e l’integrazione con i flussi IT e business globali. Infine, per la natura pratica e già operativa dello strumento.

In un settore come quello chimico e della distribuzione di prodotti chimici, ancora poco digitalizzato, CO2Xplorer rappresenta dunque una svolta culturale e tecnica, c’è quindi una potenziale scalabilità in altri settori?

Il valore di CO2Xplorer va oltre il comparto chimico. L’approccio modulare, il calcolo certificato e la user experience studiata per utenti non specialisti rendono la soluzione potenzialmente scalabile in settori ad alta intensità carbonica come la logistica, per valutare scenari di trasporto multimodale e ottimizzare rotte a basso impatto. Ma anche nel manifatturiero e automotive, per confrontare prodotti convenzionali e low-carbon in fase di design o procurement. Altro settori sono il Packaging & Food Industry – per fornire ai brand strumenti trasparenti per la comunicazione climatica verso il consumatore – e il Retail, per integrare l’impatto della CO₂e nei criteri di selezione fornitori e nei tender.

Lo spettro è molto ampio.

In generale, qualsiasi settore soggetto a obblighi di rendicontazione Scope 3 o con una filiera articolata, può trarre beneficio dal modello CO2Xplorer, sfruttandolo per la standardizzazione delle emissioni prodotto, il supporto alla compliance normativa (es. CSRD, CBAM) e l’accelerazione di partnership industriali basate su metriche condivise.

Come vede la vostra azienda il tema della sostenibilità ambientale, oggi soggetto a più punti di incertezza?

Oggi molte aziende sono motivate a misurare e ridurre il proprio impatto ambientale, ma si scontrano con un problema fondamentale: la qualità e la disponibilità dei dati. Spesso i dati ambientali disponibili sono troppo aggregati (ad esempio, i valori medi di settore non sono rappresentativi del prodotto o processo reale), non aggiornati o provenienti da fonti non verificate oppure incompatibili tra loro, rendendo difficile il confronto o l'integrazione. Questo limita la possibilità di prendere decisioni basate su evidenze e crea un rischio reputazionale di greenwashing involontario.

Vi è poi l’aspetto normativo…

Stiamo assistendo a una trasformazione epocale nella normativa sulla sostenibilità. Due esempi di regolazioni chiave che stanno impattando i business in Europa sono la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) che, sebbene il suo corso sia stato recentemente rallentato, estende l’obbligo di rendicontazione ESG nel prossimo futuro a migliaia di aziende con almeno una sede in Europa, incluse PMI e aziende non quotate. Vi è poi il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), che impone la rendicontazione e il pagamento delle emissioni incorporate nei prodotti importati in UE, iniziando con settori come acciaio, cemento e fertilizzanti.

Al di là dell’andamento ondivago delle istituzioni, come è accaduto con il pacchetto Omnibus, quali sono le caratteristiche importanti di queste norme?

Queste norme non si limitano alla rendicontazione, ma introducono responsabilità dirette, anche economiche, rendendo la tracciabilità dei dati e la verificabilità delle emissioni una priorità strategica. Le aziende non possono più permettersi di trattare la sostenibilità come un’attività marginale. Serve una struttura solida, digitalizzata, e in grado di dialogare con i requisiti normativi in tempo reale. Proviamo a tracciare un bilanciamento tra sostenibilità e competitività La transizione verso modelli sostenibili è necessaria, ma deve essere realistica e sostenibile anche dal punto di vista economico. Le aziende oggi si trovano in una posizione complessa. Da un lato, ricevono pressioni crescenti da parte di clienti, investitori e autorità regolatorie, dall’altro, devono fronteggiare costi di produzione elevati, inflazione e mercati incerti, che tendono a limitare i margini. Per questo è fondamentale integrare la sostenibilità nei processi decisionali quotidiani.

Quali strumenti servono per questo scopo?

Occorrono strumenti che permettano analisi comparative tra alternative low-carbon e convenzionali, scelte consapevoli di fornitori, prodotti e mercati in base all’impatto CO₂e e l’ottimizzazione dei costi tramite l’uso intelligente dei dati ambientali, anche in fase di tendering o R&D. Solo così la sostenibilità può diventare una leva di efficienza e competitività, anziché un “semplice” obbligo normativo. È per questo che strumenti come CO2Xplorer, basati su metodologie certificate ISO e database LCA robusti, possono aiutare a colmare il divario tra ambizione climatica e implementazione operativa.

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