A volte, dalle disavventure nascono le nuove sfide. È stato così per Vitale Bramani, grande appassionato di montagna. Siamo negli anni Trenta, in una escursione di gruppo sulla punta Rasica, in val Masino, quando inizia a nevicare. Vitale è l’unico in grado di tornare a valle per chiamare i soccorsi. Al suo ritorno, però, qualcuno non ce l’ha fatta a resistere. Da allora, la sua missione di vita diventa quella di trovare un modo sicuro e confortevole di camminare (in montagna e non solo) anche in condizioni estreme. Così consegna all’amico Leopoldo Pirelli il disegno di una suola dalla forma particolare, oggi la chiameremmo carrarmato, fatta apposta per avere una buona trazione e un buon grip. Vibram, azienda italiana produttrice di componenti per calzature, nasce così e ancor oggi i 55 milioni di paia di suole prodotti ogni anno si richiamano a quella sfida.
Questa storia di passione e imprenditorialità l’ha raccontata Marco Guazzoni – da circa sette anni direttore sostenibilità di Vibram dopo aver gestito la ricerca e sviluppo – agli studenti del Master MSBA, prima testimonianza di un ciclo che accompagna il modulo del percorso dedicato all’innovazione sostenibile. A Guazzoni abbiamo chiesto di raccontarci qualche dettaglio in più su cosa significa per un’azienda italiana con 800 dipendenti camminare, se non correre, verso la sostenibilità.
Qual è il legame tra la sostenibilità e innovazione che emerge dalla vostra storia?
Quasi novant’anni fa si presentava l’esigenza di cambiare radicalmente il modo di andare in montagna, per rendere più sostenibile, anzitutto a livello di sicurezza, questa attività: così, ciascuno di noi, oggi, deve porsi la sfida di inquinare un po’ meno, migliorare quanto è stato fatto prima e pensare in un’ottica diversa i prodotti e i processi. È un tema di sostenibilità intrinseca a ciò che facciamo ogni giorno, con la consapevolezza che si tratta di un cammino.
Perché è un cammino?
Il prodotto completamente sostenibile non esiste, c’è sempre un impatto ed è inutile nascondersi dietro affermazioni assolute: esiste, invece, il prodotto più sostenibile di prima, perché siamo più consapevoli della sfida. Per noi è un approccio che esiste da sempre proprio perché, provenendo dalla montagna, il lato ambientale è stato da sempre stato uno dei fulcri dell’azienda.
E dal lato sociale?
L’attenzione sociale si riflette sull’attenzione ai bisogni del consumatore ma anche a quelli dei dipendenti: è un atteggiamento tipico delle aziende familiari italiane, che curano l’aspetto umano non solo pensando al profitto.
Qual è dunque il vostro modello per l’innovazione?
Noi nasciamo dall’innovazione, la suola stessa è un’innovazione che spinge a fare sempre qualcosa di diverso, creando una tecnologia o un materiale nuovo che permetta di risolvere un bisogno. Per questo il nostro modello si basa su un concetto molto semplice: il cliente evidenzia i suoi nuovi bisogni, noi creiamo le soluzioni e proponiamo di adottarle ai produttori di scarpe, che realizzano il prodotto finito.
Come intercettate i nuovi bisogni?
L’ascolto e i feedback sono costanti, abbiamo diversi Tester Team in Europa, America e Asia. È un insieme di centinaia di professionisti con diverse esigenze – corridori, alpinisti, vigili del fuoco, operatori nelle piattaforme petrolifere e così via – che testano fino all’estremo le nostre suole dandoci indicazioni sul consumo, la durabilità nonché sui miglioramenti da attuare nell’uso intensivo, che vanno a identificare il prossimo livello di innovazione.
L’innovazione, da costo a investimento.
Qui emerge un’altra caratteristica delle imprese familiari italiane: c’è una proprietà che opera scelte lungimiranti ma, al tempo stesso, è pronta a “gettare il cuore oltre l’ostacolo”: spesso mandiamo avanti progetti in cui il costo dell’operazione non è economicamente sostenibile, il prezzo sarebbe troppo alto, ma la priorità è mettere a punto l'idea. A volte, le soluzioni restano nel cassetto perché il mercato non è ancora pronto, in attesa che la tecnologia ci permetta di realizzarle a costi accettabili per il mercato.
Qual è l’equilibrio tra sostenibilità e profittabilità?
È uno dei passaggi chiave delle mie testimonianze in cui parlo della nostra azienda agli studenti: la sostenibilità è insieme attenzione alle persone, all’ambiente e alla profittabilità.
In che senso?
Se un’azienda investe in sostenibilità e poi, in momento di crisi, la taglia perché in realtà viene considerata un costo eccessivo, significa che non sta generando vera sostenibilità. Probabilmente sta facendo green washing o, comunque, sta raccontando qualcosa per pulirsi la coscienza.
Cos’è dunque la vera sostenibilità?
La sostenibilità in azienda per noi va intesa come ricerca costante di efficienza, eliminazione degli sprechi e riduzione dei consumi nei processi produttivi. Noi della direzione sostenibilità facciamo emergere le best practice, dettiamo le linee guida e i principi per fare in modo che ognuno nel suo lavoro quotidiano possa fare suo uno sguardo che assieme alla produttività e al profitto tiene contro di altri fattori che aiutano a cambiare qualcosa migliorando le stesse performance.
Ad esempio?
Senza scendere troppo nel tecnico, però la suola si vulcanizza per pressione, tempo e temperatura: è possibile agire su queste tre variabili per ottenere lo stesso ottimo risultato con meno emissioni grazie a criteri ambientali che non sono solo quelli della velocità di produzione e della produttività.
Non è la prima volta che Vibram incontra ALTIS, che esperienza è stata?
I giovani, oltre ad essere i consumatori di domani, ci danno molti spunti per rimanere sempre freschi e innovativi. Aprire gli orizzonti è molto importante per noi e perciò siamo molto lieti di poter incontrare la fascia dei ragazzi universitari, che ci conosce poco. Poi accadono anche imprevisti positivi. Pochi giorni fa, una studentessa incontrata in ALTIS si è candidata per un tirocinio presso di noi perché l’anno scorso era rimasta colpita dalla nostra storia.
di Nicola Varcasia