Dal bisogno non nasce solo l’ingegno. Ma anche l’ingegneria. Così è stato per Matteo Vanotti che, per il suo percorso di innovazione, è partito alcuni anni fa dall’esigenza di dover gestire la sua azienda agricola in modo più efficiente, automatico e digitale. Nel 2017 Vanotti lancia la prima piattaforma di servizi digitali per l’agricoltura. Negli anni il sistema si evolve, diventando ciò che xFarm Technologies è oggi: non più una “semplice” start up, ma un’impresa con più di 100 dipendenti che opera in Italia e in diversi altri paesi quali Francia, Spagna, Germania e Polonia, con una sede anche in Brasile.
ALTIS ha incontrato Federica Spina, Sustainability Manager dell’azienda, a margine della lezione che ha tenuto assieme agli studenti del Master MSBA, nel modulo dedicato a sostenibilità e innovazione curato dal docente e giornalista Mauro Bellini.
Partiamo dalle basi, che cosa fa xFarm Technologies?
Fornisce dei servizi che aiutano nella gestione dell’azienda agricola e consentono un utilizzo sempre più intelligente e accurato dei dati ai fini decisionali.
Perché è importante digitalizzare in agricoltura?
È un settore che ha molta strada da fare in questo campo. Ad oggi gli agricoltori europei che usano una piattaforma digitale sono tra il 6 e il 10%. La digitalizzazione è quindi una grande opportunità perché consente di mettere a disposizione una serie di dati che aiutano non solo a efficientare, ma anche a prendere delle decisioni in maniera più consapevole. Con un conseguente risparmio di materie prime e risorse finanziarie da un lato e un impatto positivo sulla sostenibilità ambientale dall’altro.
Questo processo è utile anche per l’intera filiera?
Certamente. Dal punto di vista della sostenibilità, c’è una spinta sempre più forte per monitorare e quantificare le emissioni e l’impatto lungo l’intera catena di fornitura.
Voi dunque lavorate anche sullo Scope 3?
Come è noto, l’aspetto più complesso sul tema delle emissioni riguarda proprio il calcolo di quelle generate a monte e a valle della catena di fornitura, che dunque includono tutto ciò che è al di fuori del controllo diretto dell’azienda. Tutti gli attori che contribuiscono all’ottenimento del prodotto finito, però, hanno un impatto che deve essere tracciato, monitorato e, possibilmente, incentivato alla riduzione. Le nostre soluzioni vanno anche in questa doppia direzione, del monitoraggio e del miglioramento dell’impatto delle emissioni indirette, ossia lo Scope 3.
Come si mitiga l’impatto lungo la filiera agroalimentare?
Parlando in termini generali, senza entrare nello specifico di una singola soluzione, per monitorare l’impatto la parola chiave è la tracciabilità. È quindi indispensabile arrivare a una quantificazione tracciabile, immediata e disponibile nella piattaforma per poter essere elaborata. Monitorare è dunque il primo passo, ma ovviamente non basta. Bisogna ridurre l’impatto. Su questo fronte, lavoriamo in primo luogo con i nostri sistemi di supporto alle decisioni, che permettono di agire direttamente sull’input, in modo da comportare un impatto positivo, sia ambientale in termini di emissioni, sia finanziario in termini di risorse utilizzate. Inoltre, abbiamo attivato diversi progetti, tra i quali uno molto promettente che riguarda l’agricoltura rigenerativa.
Di cosa si tratta?
Lo sfruttamento massiccio del suolo che si è avuto finora in alcune realtà, inizia a dare segni di cedimento. Bisogna innescare un cambiamento e l’agricoltura rigenerativa è uno dei metodi più validi: è un approccio olistico in cui si uniscono varie pratiche per incrementare la resilienza dei suoli, con l’obiettivo di incidere su vari fattori quali la biodiversità, il risparmio idrico, il quantitativo di carbonio organico e la qualità del suolo. Le aziende più grandi si stanno molto interessando a questo approccio, e noi forniamo loro strumenti digitali che permettono sia di quantificare l’apporto di sostanza organica nel lungo periodo, sia di monitorare l’effettiva attuazione delle pratiche, per capire passo passo i benefici ottenuti.
Cosa direste agli agricoltori che sono spaventati da tanta tecnologia?
La tecnologia è uno strumento che va considerato come tale, anche quando diventa particolarmente evoluto. È un supporto alle decisioni dell’agricoltore che fornisce elementi aggiuntivi per poter prendere delle decisioni sempre più precise, veloci e accurate. Non ha come obiettivo quello di sostituirsi a figure specializzate professionali, come quella dell’agronomo o dell’agricoltore stesso. Anzi.
Tutto questo che cosa ha a che fare con la sostenibilità delle aziende agricole e della filiera?
Nel mondo agroalimentare si registra una spinta sempre maggiore verso la riduzione degli impatti, per una comprensione accurata dei punti focali sui quali agire. C’è poi una spinta crescente anche dal punto di vista legislativo, che impone l’adozione di determinati requisiti, anche in fatto di rendicontazione e di dimostrazione dei risultati ecologici che si stanno ottenendo.
Come l’intelligenza artificiale influirà sul vostro modo di lavorare e sull’agricoltura?
Già oggi incorporiamo elementi di AI in alcuni dei nostri modelli, che consentono una maggiore automazione e miglioramento dei processi decisionali dell’agricoltore. È un fenomeno che già fa parte del nostro contesto e sempre di più verrà sviluppato. L’AI integra in maniera forte la nobile professione dell’agricoltore.
di Nicola Varcasia