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Sostenibilità d’impresa: “4 C” per differenziarsi ed evitare il greenwashing

In occasione della XX edizione del Corso Professione Sostenibilità, l’indagine di ALTIS Università Cattolica sulle sfide e le prospettive delle professioni della sostenibilità.

 

Oggi si parla sempre più spesso di sostenibilità del business. La più grande sfida per un’intera generazione di Manager della Sostenibilità (un tempo CSR Manager) è fare in modo che la sostenibilità diventi un elemento trasversale e pervasivo nel modo di fare impresa. È ciò che emerge da un’indagine effettuata da ALTIS, l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. In occasione della XX edizione del Corso Professione Sostenibilità, che sta contribuendo a formare un intera generazione di professionisti della sostenibilità, ALTIS ha coinvolto alumni e alumnae di tutte le edizioni in una survey volta ad esplorare evoluzioni, criticità e prospettive che attendono i Sustainability Manager. I risultati sono stati presentati oggi nel corso di un evento che ha voluto riunire gli ex partecipanti delle venti edizioni del corso, per avviare una riflessione condivisa sul futuro della professione. In occasione di questo traguardo, abbiamo voluto riunire gli ex partecipanti in un evento-reunion che si è tenuto oggi presso la sede di ALTIS Università Cattolica.

"Ciò che un tempo chiamavamo corporate social responsibility è diventato un concetto oggi più ampio, di carattere culturale e strutturale, che impone ai manager una visione di lungo termine. Occorre sviluppare la capacità di vedere al di là delle ricadute dirette delle nostre scelte, un compito culturalmente rilevante e intellettualmente sfidante”, commenta Mario Molteni, Direttore Scientifico e ideatore del corso.

 

LE SFIDE ODIERNE DELLA SOSTENIBILITÀ IN AZIENDA

Secondo i rispondenti, la prova della sostenibilità oggigiorno si gioca sul campo della carbon neutrality (21,6%), seguita dalla necessità di sviluppare nuovi modelli di business più sostenibili (13,4%). In terza posizione, a parimerito, la finanza sostenibile e la diffusione di una cultura condivisa della sostenibilità in azienda (10,3%). Lo stakeholder engagement e l’inclusione, non solo relativa alle questioni di genere ma anche a livello motivazionale e collaborativo dei dipendenti rientrano, invece, tra le sfide più sottovalutate, quando, al contrario, il coinvolgimento degli stakeholder viene indicato come una delle principali leve differenzianti nella sostenibilità d’impresa (di seguito). Emerge quindi come questo sia uno dei principali ambiti in cui è necessario investire maggiori risorse ed energie in futuro.

 

I FRENI ALLO SVILUPPO DELLA SOSTENIBILITÀ E IL DILEMMA DELLA COMUNICAZIONE

Se lo scarso commitment del top-management e la carenza di risorse e investimenti sono ciò che rallenta lo sviluppo di politiche ESG per il 18,3% dei rispondenti, ciò che oggi manca di più in azienda è una cultura interna sul tema (29,4%), legata anche a una difficoltà di gestire la comunicazione della sostenibilità. Infatti, proprio questo tema appare come uno dei più controversi e complessi: se per alcuni rispondenti è la comunicazione eccessiva a porre un freno alla sostenibilità per altri è, al contrario, una comunicazione poco efficace. La criticità sta dunque nel riuscire a tarare in modo adeguato la comunicazione, trovando il giusto punto di equilibrio e il giusto peso, per avere azioni efficaci che non scadano nel greenwashing.

 

LE “4 C” DELLA DIFFERENZIAZIONE SOSTENIBILE

Ed è proprio la coerenza tra azioni e comunicazione, evitando il greenwashing, ad essere indicato dal 19,2% dei rispondenti come la leva principale di differenziazione quando si parla di sostenibilità aziendale. In un contesto in continua evoluzione, dove la sostenibilità sta diventando un must have, è fondamentale per un’impresa integrarla nella cultura aziendale (17,2%), coltivando lo stakeholder engagement e dimostrando la concretezza dell’impatto generato (16,2%). Sono queste le “4 C” della sostenibilità: coerenza, fare ciò che si dice, dire ciò che si fa; concretezza, generare un impatto significativo e quantificato; coinvolgimento, integrare gli stakeholder nella gestione; cultura, fare della sostenibilità un elemento identitario.

 

LE SKILL: IL RUOLO PRIMARIO DELLE COMPETENZE SOFT

Dal punto di vista delle competenze, sono quelle soft a fare la differenza per un professionista della sostenibilità. Considerando la mancanza generalizzata di cultura aziendale sul tema, appare evidente come le capacità di comunicazione e leadership (24,3%) e di pensiero integrato (26,2%) siano oggi fondamentali per lo svolgimento della professione, per saper dialogare con attori molteplici, dentro e fuori l’impresa, e con diverse funzioni aziendali. Competenze che devono essere necessariamente supportate da skill sempre più tecniche, in particolare normative e ambientali (9,3%) e di misurazione (8,4%).

 

 

Articolo di Elena Pirovano, pubblicato il 14 ottobre 2022

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