Con il termine “welfare occupazionale” si intende «quell’insieme di dispositivi in denaro e servizi forniti ai dipendenti dalle aziende private e dallo Stato (nella sua veste di datore di lavoro), come conseguenza del rapporto di lavoro che intercorre fra i primi e i secondi, con l’obiettivo di accrescere il benessere personale e lavorativo dei dipendenti stessi e, spesso, dei loro familiari.»
Il “welfare aziendale” è un concetto più specifico e comprende le iniziative di natura sociale realizzate dalle aziende a beneficio dei propri dipendenti, tra cui il sostegno al reddito familiare e allo studio, le misure per la genitorialità, la tutela della salute alla previdenza complementare, la conciliazione vita-lavoro, la formazione professionale, la flessibilità oraria e lo smart working.
Social Value Italia e Percorsi di secondo welfare, con il supporto scientifico di ALTIS Università Cattolica e Avanzi, hanno avviato tra aprile e ottobre 2020 un’indagine volta a delineare le caratteristiche, le aspettative e le pratiche di valutazione di impatto sociale delle iniziative e dei piani di welfare aziendale. L’indagine è stata svolta attraverso una survey online, diffusa tramite i canali di comunicazione delle organizzazioni promotrici, senza nessun tipo di campionamento.
Il Position Paper che ne è risultato (La valutazione d’impatto sociale come elemento costitutivo dei piani di welfare aziendale) evidenzia che per oltre la metà delle organizzazioni rispondenti il welfare aziendale è interiorizzato attraverso un piano aziendale strutturato (64%) e una politica formalizzata ad hoc (59%). Le iniziative di queste realtà coprono un ampio ventaglio di ambiti: dalla sanità integrativa (60%), alla previdenza complementare (53%), dagli strumenti per la gestione della flessibilità oraria (45%), alle erogazioni in natura (45%).
In un contesto in cui il welfare di Stato non riesce più a rispondere con piena efficacia ai bisogni sociali, il welfare aziendale offre risorse aggiuntive che contribuiscono alla sostenibilità del sistema di protezione. Tale contributo è tanto più importante in momenti di crisi diffusa, come quella avviata con lo scoppio della pandemia da Covid-19. La richiesta di interventi aggiuntivi continua, inoltre, ad alimentare la crescita del mercato dei provider di servizi di welfare che si rivolgono alle imprese, come evidenziato dalle ricerche condotte dal Prof. Luca Pesenti (Università Cattolica) negli ultimi anni. |
La valutazione d’impatto sociale applicata in questo ambito è orientata a identificare il cambiamento positivo generato nei beneficiari, ossia i dipendenti e, in alcuni casi, anche le loro famiglie. Tuttavia, negli ultimi anni le attività e gli strumenti di monitoraggio si sono concentrati prevalentemente su aspetti di altra natura, come la dimensione economica, produttiva, dell’engagement e del clima aziendale.
In effetti, solo il 14% del campione ha dichiarato di realizzare concretamente attività annuali di monitoraggio dell'impatto prodotto dal welfare aziendale. La limitata adesione non è dovuta a una mancanza di interesse, quanto piuttosto alla percezione di non avere la padronanza degli strumenti di valutazione d'impatto (50%) o di non saper gestire internamente il processo (50%), e, allo stesso tempo, di non avere sufficienti risorse economiche per affidarsi a un soggetto specializzato esterno (63%).
Considerando le aziende che misurano gli impatti, risulta che il processo si concentra sui benefici attesi per i lavoratori e l’azienda: senso di appartenenza (88%), impegno e dedizione (75%), produttività (63%), capacità di attraction (38%) e di retention (25%), e impatto sulla comunità (25%). Le metodologie utilizzate per la valutazione sono invece, in ordine d'uso: analisi costi-benefici (63%), teoria del cambiamento (38%), social impact assessment - SIA (25%), IRIS (13%).
Appare interessante anche il risultato secondo cui il documento che riassume gli impatti prodotti dalle attività di welfare aziendale resta a uso interno nel 75% dei casi. Le aziende sembrano non cogliere le opportunità di vantaggio competitivo che la valutazione può apportare se resa pubblica.
Svolgere con costanza la valutazione d’impatto può apportare benefici su vari fronti. Al momento, il welfare aziendale si sta sviluppando a macchia di leopardo, in modo disomogeneo a livello geografico, settoriale e di posizioni lavorative. Questo rischia di acuire le disuguaglianze nel mercato del lavoro.
Monitorare la distribuzione delle risorse e misurare il valore che le iniziative generano può aiutare a comprendere e contenere i limiti del welfare aziendale e trasformarlo in un vero ammortizzatore sociale, capace di distribuire in modo più equo le risorse.
La valutazione può anche avviare percorsi virtuosi di apprendimento interno, creando una "cultura del dato", ossia la capacità di comprendere azioni e conseguenze dell'operato aziendale su basi scientifiche.
Dalla survey emerge che c’è poca conoscenza e consapevolezza del valore che riveste misurare l’impatto sociale generato dal welfare aziendale e che si tratta di una prassi ancora molto poco diffusa. Alla luce di questi risultati, Social Value Italia lancia una call to action a imprese, istituzioni, centri di ricerca, provider, organizzazioni del Terzo Settore, per co-creare linee guida che possano favorire la diffusione della valutazione nell’ambito del welfare aziendale. Affinché la valutazione possa contribuire, attraverso le lezioni apprese, a migliorare l’offerta dei servizi di welfare aziendale è importante creare delle occasioni di knowledge sharing che possano favorire lo scambio di esperienze tra aziende, intermediari e provider.
Per arrivare alla definizione condivisa di tali linee guida è necessario individuare un repository di indicatori che misurino l’impatto sociale e definire delle modalità condivise per la valutazione d’impatto, in modo da ridurre il livello di complessità e l’onerosità del processo. Questo permetterà di far emergere i fattori facilitanti e ostacolanti e renderà possibile eseguire degli interventi mirati sulle criticità individuate.
Per manifestare il proprio interesse verso la Call to Action è possibile contattare Valentina Langella, responsabile della valutazione d'impatto, area Consulenza di ALTIS: valentina.langella@unicatt.it
In ALTIS, ci occupiamo da anni di misurazione e valutazione degli impatti delle azioni e dei progetti realizzati dalle imprese. Per questo motivo, condividendo e partecipando al lavoro di Social Value Italia, confermiamo il nostro impegno su due fronti:
Che cosa si intende con misurazione e valutazione d'impatto «La misurazione d’impatto è il processo con cui si determina quanto cambiamento (outcome) è attribuibile all'organizzazione di riferimento per effetto delle sue attività.» Da Il dizionario della sostenibilità di ALTIS Social Value chiarisce che è necessario considerare «la sola parte dell’outcome che è effettivamente attribuibile alle attività erogate dall’organizzazione (effetti netti): gli effetti ottenuti vanno depurati del contributo di altri (attribuzione), dagli effetti che sarebbero comunque avvenuti (deadweight), dalle conseguenze negative (displacement), e dall’attenuazione o decadimento degli effetti nel corso del tempo (drop-off).» Da Il Glossario di Social Value Italia |
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