Educazione, riciclo e ricerca, gli elementi chiave per una filiera della plastica più sostenibile

Il futuro del packaging alimentare di plastica è uno dei temi più discussi e controversi del momento, anche in vista degli esiti della plastic tax all’interno della prossima Legge di Bilancio italiana e dell’entrata in vigore della Direttiva europea per la plastica monouso, prevista per il 2021. ALTIS Università Cattolica ha voluto assumere un ruolo di promotore del confronto e ha perciò organizzato il convegno “Innovazione e sostenibilità nel packaging alimentare”, in collaborazione con Pro Food (gruppo di aziende produttrici di imballaggi in materie plastiche per alimenti freschi, nato da Unionplast) e FederDistribuzione (espressione della Distribuzione Moderna Organizzata). Sono intervenuti produttori di materie prime, di imballaggi e la Grande Distribuzione, ma anche rappresentanti dei consumatori, delle associazioni ambientaliste e della filiera del riciclo. «Crediamo nella condivisione delle conoscenze e delle buone pratiche aziendali, dove le iniziative di sostenibilità non rimangono semplici slogan.» ha commentato il Direttore di ALTIS, Vito Moramarco.

Malleabile, leggera e durevole, la plastica può essere adoperata in vari ambiti e per diversi scopi. Nel settore medico, è utile per le sue proprietà antibatteriche; nell'ambito alimentare, protegge i prodotti e ne aumenta i tempi di conservazione. Stefano Lazzari, Consigliere del Gruppo Pro Food, ne ha sottolineato i benefici, accennando a quanto questo materiale abbia rivoluzionato la nostra quotidianità, mentre sullo schermo scorrevano le immagini della consegna del premio Nobel per la chimica a Giulio Natta e Karl Ziegler, assegnato nel 1963 per le loro scoperte sui polimeri.

  

Un problema di comportamento

È pur vero, e Lazzari non lo ha nascosto, che la plastica ha un problema importante, relativo al fine vita, la fase conclusiva del ciclo di vita di un prodotto. La durevolezza è sia un vantaggio che un fattore di potenziale danno ambientale. Occorrono decenni per la completa degradazione dei materiali plastici abbandonati nell’ambiente. Nel caso della dispersione in mare, le specie ittiche rischiano di ingerirne i residui frammentati, le microplastiche. Si tratta di un problema reale, ma il quadro generale è confuso dalla disinformazione. Sono sempre più comuni i casi di greenwashing, una pratica di marketing per cui vengono attribuiti dei benefici ambientali non dimostrabili, ingannevoli o falsi a un prodotto o servizio, ai fini di sfruttare la sensibilità ambientale dei consumatori per incrementare le proprie vendite. L’inquinamento da plastica nei mari e negli oceani è in realtà un problema di comportamento: se tutti raccogliessero e riciclassero i rifiuti, oggi non ne parleremmo. L’attuale situazione deriva da una cattiva gestione dei rifiuti, in particolar modo nei paesi in via di sviluppo, e dal disinteresse di certi distributori e consumatori, come evidenziato in questo articolo del World Economic Forum.

  

La transizione verso un sistema "plastic free" è sostenibile?

L’industria della plastica in Italia vanta una leadership europea nell’efficienza dei processi e dei prodotti nonché una delle maggiori concentrazioni al mondo: oltre 3.000 aziende del settore con più di 50.000 dipendenti e circa 130 impianti di riciclaggio. Un cambiamento drastico verso un sistema “plastic free” sarebbe difficile da gestire e comporterebbe un aumento dello spreco alimentare, che è il terzo produttore al mondo di CO2 dopo Cina e Stati Uniti (Rapporto FAO, 2013). Anche grazie alla plastica, la quantità di cibo che si deteriora nei passaggi tra raccolta e consumo scende da circa il 50% nei paesi meno sviluppati a meno del 3% nei Paesi “packaging oriented” (British Plastic Federation). Marco Pagani, Direttore Normativa e Rapporti Istituzionali di FederDistribuzione, ha quindi affermato la necessità di definire un piano strategico e integrato lungo tutta la filiera, da realizzare con il coordinamento del Ministero dell’Ambiente. Secondo Pagani, le istituzioni dovrebbero inoltre far valere la propria autorevolezza e fare informazione tra i cittadini, contro le “fake news”.

  

Sì alla sostenibilità, ma la plastica è ancora irrinunciabile

I consumatori sono molto sensibili alle notizie riguardanti la plastica. Questa attenzione alla sostenibilità deriva dall’esigenza di maggiore etica e qualità o da timori per il futuro. Il packaging dei prodotti è il primo fattore di sostenibilità su cui viene valutata un’azienda. Da un’analisi Ipsos, presentata in aula dalla Senior Researcher Silvia Rocchi, risulta che i consumatori valutano positivamente l’uso di materiali ecosostenibili, il recupero degli scarti e la rimozione di imballaggi superflui. D’altra parte, la plastica sembra essere ancora irrinunciabile, poiché possiede le caratteristiche fondamentali ricercate in un packaging: preserva la freschezza, facilita la conservazione, protegge dagli elementi esterni. Per rispondere alle istanze di funzionalità e maggiore sostenibilità, il sistema della plastica e quello della Grande Distribuzione Organizzata si stanno impegnando a cambiare e fare innovazione.

Qualche esempio è stato portato da FederDistribuzione, BASF, ILIP, Gruppo Happy, Esselunga, Conad, Legambiente e IPPR.

FederDistribuzione ha preso l’impegno di eliminare tutta la stoviglieria in plastica monouso dai punti vendita delle aziende associate.

BASF S.p.A. sta lavorando a un processo di riciclo chimico (ChemCycling™), che trasforma i rifiuti della plastica in nuovi prodotti tramite un processo termochimico, andando a sostituire le risorse di origine fossile.

ILIP S.r.l. fa ricerca dal 2010 per ridurre il peso medio degli imballaggi che produce. La società fa anche parte del Gruppo ILPA, che riunisce tre aziende e ogni anno ricicla 30.000 tonnellate di PET, convertendole in nuovi imballaggi in 100% r-PET (certificati da EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare).

Il Gruppo Happy sviluppa e produce imballaggi di plastica secondo i principi dell’ecodesign, che prevede la progettazione di oggetti d’uso comune con lo scopo di ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita del prodotto, dalla produzione al riciclo, secondo i principi dell’economia circolare. I suoi prodotti sono composti al 100% di polipropilene, sono interamente riciclabili e garantiscono una duratura shelf-life dei prodotti.

Esselunga sta intervenendo sui prodotti con il proprio marchio. La società di Grande Distribuzione Organizzata sta riducendo il packaging laddove non è fondamentale, ha scelto imballaggi certificati FSC per 35 prodotti a marchio, e sta portando avanti studi di ecodesign. Ha inoltre attivato iniziative di recupero del packaging all’interno dei punti vendita (vaschette e bottiglie).

Conad contribuisce alla sostenibilità ambientale adottando nei suoi punti vendita sacchetti biodegradabili, scontrini di carta certificata FSC o PEFC e prodotti monouso in plastica compostabile e biodegradabile. Tra le altre iniziative, si può menzionare l’installazione di 71 colonnine Enel X per la ricarica di veicoli elettrici (con l’obiettivo di 200 entro la fine del 2020) e la piantumazione di 100.000 piante all’anno tra Piemonte e Lombardia.

Legambiente collabora da tempo con le realtà della filiera della plastica, per sensibilizzare sul valore della raccolta differenziata e del riciclo. Il 5 giugno 2018, in occasione della Giornata Mondiale dell'Ambiente, i volontari dell’associazione hanno ripulito la spiaggia di Coccia di Morto (Fiumicino), raccogliendo oltre 70 sacchi di rifiuti plastici. I sacchi sono stati recuperati dall’Istituto per la promozione delle plastiche da riciclo (IPPR), che li ha consegnati a un impianto di riciclo. Le frazioni in poliestere e polietilene sono state quindi trasformate in un portachiavi dedicato alla campagna #AllungalaVita, realizzata da IPPR e Federazione Gomma Plastica.

  

Il riciclo, un processo virtuoso

Queste buone pratiche dimostrano che i rifiuti, se opportunamente raccolti e valorizzati, possono consentire ambiziosi obiettivi di riciclo in ottica di economia circolare. Le plastiche giunte a fine vita non sono quindi rifiuti, ma risorse, che possono essere trasformate in nuovi prodotti o in energia. Su queste basi, i relatori hanno affermato in modo unanime che la plastic tax, così com’è formulata, è ingiusta. Anche il Presidente nazionale di Legambiente, in una recente dichiarazione, ha affermato che «è impensabile riservare lo stesso trattamento fiscale per le plastiche vergini prodotte da un petrolchimico, che vanno più che tartassate, e per quelle ottenute dal riciclo di plastiche da raccolta differenziata».

  

Nel 2016, la percentuale di plastica riciclata in Unione Europea ha superato per la prima volta la quota di materiale depositato in discarica, aumentando dell’80% in 10 anni (PlasticsEurope, 2017). Perché questo fenomeno continui a svilupparsi in modo continuativo e su tutto il territorio, il consumatore deve poter essere in grado di svolgere correttamente e facilmente la raccolta differenziata, come ricorda Antonello Ciotti, Presidente di Corepla (Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclaggio e il Recupero degli Imballaggi in Plastica). È necessario educare i consumatori, premiando i comportamenti virtuosi e penalizzando chi non rispetta le regole, ha aggiunto Laura Brambilla di Legambiente. Fare informazione sui benefici della differenziazione è importante. Ad esempio, molti non sanno che i Comuni che svolgono una raccolta di qualità, a cui Legambiente riconosce il titolo di “Comuni Ricicloni”, ricevono dei contributi che possono utilizzare per coprire spese o finanziare altri progetti per la comunità.

  

Ostacoli e soluzioni

Altri dati arrivano dall’Istituto per la promozione delle plastiche da riciclo (IPPR). Sono 130 le aziende protagoniste dell’economia circolare in Italia e oltre 3.000 i prodotti certificati “Plastica Seconda Vita”, con una media di contenuto riciclato pari all’89%. Maria Cristina Poggesi, Segretario dell’Istituto, spiega che esistono al momento degli ostacoli all’impiego di plastica riciclata:

  • normativi: regole diverse tra Comuni, Province e Regioni
  • culturali: percezione della plastica come di un bene senza valore
  • tecnici: difficile reperire riciclati di alta qualità, mancanza di adeguate strutture di riciclo
  • economici: costi fissi da sostenere

Tuttavia, il sistema della plastica si sta impegnando a collaborare per individuare delle azioni da intraprendere insieme. Questo significa fare fronte comune presso le sedi europee, migliorare l’immagine dei riciclati tramite iniziative di comunicazione, sviluppare soluzioni di ecodesign e tecnologie avanzate di riciclo. Il cambiamento è già iniziato, ma occorre dare tempo alla filiera, senza penalizzare chi si impegna già per essere più sostenibile e senza dimenticare che la tutela dell’ambiente dipende anche dal consumatore.

Vuoi sapere che cosa puoi fare? Scopri come usare responsabilmente la plastica.

 

E le bioplastiche?

I relatori concordano che si tratta di un prodotto promettente, ma che comporta ancora una serie di difficoltà tecniche. Il prodotto finale è fragile e non adatto alla termoformatura. Inoltre, esistono pochi produttori e pochi centri attrezzati per il suo riciclo. Dopo l’uso, il contenitore va gettato nell’umido, anche se ha un tempo di compostaggio più lento dei rifiuti organici.

Laura Brambilla di Legambiente ricorda: «un sacchetto di bioplastica gettato in mare o disperso nell’ambiente è ugualmente dannoso!»

 

Ringraziamo per la partecipazione: Stefano Lazzari (Pro Food), Marco Pagani (FederDistribuzione), Astrid Palmieri (BASF), Nicola Ballini (ILIP), Fabrizio Bernini (Gruppo Happy), Francesco Mandolini (Esselunga), Cesare Vannini (Conad), Maria Cristina Poggesi (IPPR), Antonello Ciotti (Corepla), Silvia Rocchi (Ipsos), Laura Brambilla (Legambiente). Grazie ai moderatori: Andrea Bassani (Ricercatore presso la Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, Università Cattolica) e Roberto Zoboli (Professore ordinario di Politica economica, Università Cattolica).

  

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