In occasione della consegna dei diplomi alle classi uscenti e del benvenuto ai nuovi partecipanti ai due percorsi si è infatti svolta una tavola rotonda, coordinata dalla professoressa Elena Zuffada, direttrice dei due percorsi, che ha condiviso le esperienze di tre docenti universitari che hanno gestito direttamente il cambiamento all’interno delle Amministrazioni Pubbliche nelle quali hanno ricevuto incarichi manageriali. Gli interventi dei relatori sono stati particolarmente significativi, ne riportiamo una sintesi.
LA PA CHE INNOVA 21 maggio 2025
Tra il dire e il fare… governare i processi di cambiamento nelle Amministrazioni Pubbliche
Su questo sfidante tema i partecipanti agli Executive Master in Management e Innovazione delle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali - Mipa e Mipac hanno vissuto un’importante giornata di confronto e di celebrazione.

Antonio Barretta, Direttore generale dell'Azienda Ospedaliera-Universitaria Senese, Professore ordinario di Economia Aziendale all'Università di Siena, ha dichiarato: «Facendo riferimento alla mia attività di ricerca scientifica e all'esperienza manageriale maturata ho testimoniato l'importanza, nella gestione del cambiamento, della collaborazione sia intra-organizzativa che inter-organizzativa. La dottrina economico-aziendale ha identificato i meccanismi che possono sostenere la collaborazione, farvi ricorso significa sostenere lo sforzo collettivo e rendere il peso del cambiamento condiviso e, quindi, meno gravoso.
Davide Galli, Direttore dell’Unità di Missione per l’attuazione degli interventi del PNRR presso il Ministero della Giustizia e Professore associato di Economia Aziendale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha osservato: « Dopo anni trascorsi accanto a molte amministrazioni pubbliche, in aula e sul campo, occupandomi di misurazione e valutazione delle performance, mi è sembrato naturale provare a mettere in pratica le mie competenze e il PNRR ha rappresentato il mio cigno nero professionale. Certo non è stato un salto nel vuoto, anzi: occuparmi dell'attuazione, del monitoraggio e della rendicontazione di quello che fondamentalmente è un contratto di performance mi ha consentito di testare sul campo la tenuta di alcuni principi manageriali che ho sempre sostenuto. Ciò che si misura assume una rilevanza eccezionale e tale centralità può anche condurre a conseguenze inattese e al verificarsi di alcuni paradossi. In questi tre anni ho visto verificarsi molti dei fenomeni che avevo studiato. Sono orgoglioso di essere riuscito a sostenere l'idea che la misurazione non è fine a sè stessa, non è questione di numeri dietro alla cui oggettività trincerarsi, ma di fenomeni manageriali complessi che non possono prescindere dalle persone, anche quando si tratta di 12.000 dipendenti assunti a tempo determinato per migliorare l'efficienza del sistema giudiziario. È stata, ed è tuttora, un'esperienza complessa, in cui il principale ostacolo è rappresentato dalla ostilità nei confronti dei processi di rendicontazione: c'è una generale contrarietà a rispettare standard condivisi, soprattutto quando questi standard sono stati definiti da altri soggetti. La sfida è quella di adeguarsi alle esigenze dei destinatari della rendicontazione . Del resto, senza questa relazione, senza l'attenzione ai feedback, non sempre positivi, che i destinatari della rendicontazione restituiscono, questo processo diventa un'esperienza inefficace. Riuscire a costruire un rapporto di fiducia interno ed esterno all'Unità di Missione PNRR che dirigo credo sia stato il mio principale risultato, l'ingrediente che ha consentito, talvolta, di riorientare la rotta per tempo e vedere riconosciuti gli sforzi compiuti da un'Amministrazione così complessa e importate come il Ministero della Giustizia».
Elisa Pintus, già Vice Capo di Gabinetto al Ministero dell’Istruzione, Professore associato di Economia Aziendale presso l'Università della Valle d’Aosta, ha spiegato: «Vengo chiamata al MIUR, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, che sino ad alcuni anni prima, contava 12.000 dipendenti, all’Ufficio di Gabinetto con deleghe alla Innovazione, Digitalizzazione e Performance Management. Nei miei tre anni di esperienza accadono molte delle cose che studiamo sulle istituzioni pubbliche:
- Turnaround politici (si susseguono tre Ministri e due Presidenti del Consiglio);
- Turnaround del management di vertice (con i Ministri cambiano anche i Capi di Dipartimento);
- Framework organizzativi ridefiniti (Regolamento di organizzazione, etc.).
Cosa dobbiamo aspettarci?
Penso sia utile ricordare che, da Adam Smith allo storico caso Olivetti, fino alla cultura della corporate social responsibility, agli SDGs e, ora, agli ESG, si è sempre parlato del fatto che l’impresa abbia un ruolo sociale. Perciò questa evidenza non sparisce da un momento all'altro, anche al di là delle normative. È una sensibilità che esiste e continuerà a esistere nella società, magari con andamenti ondivaghi, ma non l'abbandoneremo del tutto proprio perché viene da lontano ed è connaturata al significato stesso dell’economia.
Le normative un po’ pressanti hanno innescato l’effetto backlash?
Negli ultimi anni l’attenzione agli ESG si è rafforzata al punto da essere entrata pesantemente nelle normative, in particolare quelle europee. Ma bisogna ricordare che anche in assenza delle normative si erano consolidati nel tempo gli standard GRI e SASB, come spinta della società stessa e del riconoscimento che se l'impresa funziona è importante anche essere consapevoli di come funziona, quindi studiarla dall'interno diventa cruciale.
Qual è il vostro punto di vista in merito?
Per noi, oltre al fatto di promuovere un'economia fatta di valori e non solo di utili, poter vedere come funzionano le organizzazioni è cruciale per capire se sono finanziabili, se sono dei partner affidabili anche dal punto di vista finanziario.
Chiudiamo con un esempio.
Un paper della Banca d'Italia di qualche anno mostrava come i modelli di analisi del rischio, cioè della cosiddetta probabilità di default di un di un cliente, funzionino male o non funzionino nel caso del Terzo Settore.
Perché?
Perché questi modelli sono basati su informazione di carattere economico finanziario, mentre il Terzo Settore tipicamente non è patrimonializzato, non ha grossi capitali di supporto, per definizione non fa utili. Secondo quei modelli, dunque, il Terzo Settore non dovrebbe essere finanziabile e, in effetti, così è accaduto per molto tempo. Quello che sappiamo è che il Terzo Settore è resiliente ed è capace di restituire i prestiti che riceve, perché le motivazioni che portano alla buona performance di un'organizzazione senza scopo di lucro sono diverse da quelle che si leggono nei bilanci. Sono l'appartenenza a reti, la capacità di dare risposte ai bisogni della società, la reputazione che hanno, la qualità del personale e la motivazione. Sono tutti fattori intangibles che si colgono con più chiarezza dalle analisi di carattere non finanziario e dai fattori ESG.
Cosa ci fa capire questo?
La necessità capire le organizzazioni dall’interno, al di là dei dati di bilancio, diventa in tutti i casi rilevante. L’azienda non è fatta solo di numeri, ma di processi e di attenzione a svariate dinamiche. Le organizzazioni che non sono in grado di misurare e rendicontare questi aspetti hanno al loro interno fenomeni che non stanno mappando e governando e che rappresentano elementi di possibili fragilità. L'organizzazione che rendiconta è consapevole del suo funzionamento e, in questo senso, molto più affidabile.

Ma, certamente, l’ambito di maggiore criticità è dato dal fatto che, dopo pochi mesi, si dimette il Ministro e il Presidente del Consiglio, accettando le sue dimissioni, divide il MIUR in Ministero dell’Università e della Ricerca e in Ministero dell’Istruzione. Tutto da ridefinire!
Faccio il Vice Capo di Gabinetto, ruolo che si pone -nell’alveo dell’Ufficio di Gabinetto- quale “cinghia di trasmissione” fra le politiche pubbliche, e il ruolo del decisore politico, e la macchina amministrativa dovendo trovare sinergie istituzionali robuste e traiettorie d’azione congrue rispetto alle politiche pubbliche. Un punto di vista interessantissimo per comprendere davvero come agiscono le istituzioni pubbliche.
Mi trovo in un momento attraversato da alcuni fra i più critici eventi del periodo storico che stiamo vivendo: la pandemia da Covid 19 e la guerra in Ucraina che, bruscamente, “sferzano” i tradizionali approcci resilienti delle istituzioni pubbliche chiedendo a tutti gli attori di definire traiettorie di governo e gestione molteplici, multiformi e adattive. Sfide rilevanti ma appassionanti per chi studia le istituzioni pubbliche con approccio economico aziendale alla presa delle decisioni per interrogarsi, trovare conferme e riposizionare alcune modellizzazioni».
Il pomeriggio di lavoro, che è stato aperto dai saluti istituzionali di Roberto Brambilla, Direttore Formazione Post Laurea e Research partnership dell'Università Cattolica, dal direttore di ALTIS, Matteo Pedrini e dalle testimonianze di alcuni Alumni, si è concluso con la consegna dei diplomi e l’avvio ufficiale delle lezioni per le nuove edizioni di MIPA e MIPAC.