Misurare l'impatto sociale, perché e come: esperienze a confronto

Giovedì 23 maggio si è tenuto in ALTIS il convegno “Misurare l’impatto sociale, perché e come”, tavola rotonda di esperti, imprese e organizzazioni che hanno condiviso le loro esperienze e ragionato intorno a barriere, sfide e interpretazioni della misurazione d’impatto.

Ad aprire il dibattito Valentina Langella, esperta ALTIS di misurazione di impatto sociale e coordinatrice del Comitato Scientifico di Social Value Italia, che ha sottolineato da subito l’elemento fondamentale per una misurazione d’impatto accurata: “L’elemento fondamentale non è il mero calcolo né una metodologia standardizzata. Il fulcro è il coinvolgimento degli stakeholders e proprio questo rende complesso, se non impossibile, standardizzare i sistemi di misurazione”.

  

  

Se, quindi, sul perché misurare l’impatto le varie realtà coinvolte sono allineate, il come rimane in fase di sperimentazione. Su questo punto Ben Carpenter, CEO di Social Value International, tramite un video messaggio, si è mostrato ottimista notando convergenza e coerenza nel modo di misurare l’impatto e nella sempre maggiore attenzione agli stakeholder: “Penso che ci sia una generale consapevolezza sul fatto che non possiamo misurare l’impatto senza coinvolgere le persone che sperimentano il cambiamento risultato delle nostre azioni. Questo approccio sembra ovvio ma è importante dichiararlo, comunicarlo e porlo al centro dell’impostazione dei processi di misurazione dell’impatto.” Ragione per cui, secondo Carpenter, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), seppur fondamentali, devono essere un punto di riferimento aggiuntivo al processo di misurazione dell’impatto di un’organizzazione, che dovrebbe costruire a priori un framework di misurazione personalizzato e basato sulle esperienze, bisogni e criticità di stakeholder, clienti, dipendenti, beneficiari.

  

  

Queste osservazioni sono state lo spunto di riflessione per il dibattito moderato da Matteo Pedrini, responsabile dell’area ricerca di ALTIS, a cui hanno partecipato Giovanna Bottani, Operations Senior Consultant di STMicroelectronics Foundation, Lucia Dal Negro, Founder e Director di De-LAB Srl Società Benefit, Giacomo Pinaffo, Impact Manager di SEFEA Impact, Maria Elena Vivaldi, Responsabile area Fondazioni/Istituzioni ed europrogettazione di Associazione Dynamo Camp e Nicola Lambert, Investment Manager di Oltre Venture.

  

  

  

STMicroelectronics Foundation, già caso di successo tra i progetti seguiti da ALTIS, combatte l’analfabetismo digitale nel mondo e ha deciso di intraprendere un percorso strategico di misurazione di impatto dopo 14 anni di lavoro per capire se si stesse ancora rispondendo ad un bisogno attuale. “Il processo di misurazione è complesso, specialmente se coinvolge più Paesi come nel nostro caso e se non si prepara a sufficienza il campo. Se si coinvolge e si informa lo stakeholder il processo diventa più semplice. Bisogna comunicare il valore che l’iniziativa di misurazione dell’impatto ha nella vita dello stakeholder”, ha raccontato al pubblico Giovanna Bottani.

La rendicontazione di impatto è un requisito fondamentale per De-LAB Srl, Società Benefit, ma dà anche coerenza all’identità dell’organizzazione, che offre consulenza, ricerca e progettazione nei settori dell’inclusive business, dell’innovazione sociale e della comunicazione etica d’impresa. Misurazione di impatto non solo come obbligo ma come riscoperta e rafforzamento della propria identità e della propria missione, concetto sottolineato anche da Maria Elena Vivaldi di Dynamo Camp: “Il processo di misurazione permette di lavorare insieme sullo stesso progetto, di comunicare e capirsi meglio”.

  

  

Grande attenzione anche al tema della misurazione quali-quantitativa, su cui tutti gli ospiti si sono trovati d’accordo: “Se i parametri di comprensione non sono rigidi, anche le criticità nel processo di raccolta di informazioni aiutano”, ha continuato Vivaldi.  

Conoscere il proprio impatto è importante non solo per rafforzare la propria identità e mantenere una coerenza tra azioni e visione dell’organizzazione, ma anche per attrarre investimenti responsabili, come sottolineato da Nicola Lambert di Oltre Venture: “L’impatto sociale di una startup deve essere intrinseco al business model di quest’ultima; questo è il kpi fondamentale che guida le nostre scelte di investimento”. Aspetto rafforzato da Giacomo Pinaffo di SEFEA Impact: “Quando sei bravo a trasmettere il fatto che il tuo prodotto è legato a valori sociali, ottieni anche una valorizzazione migliore a livello di mercato”.

  

  

Al termine della discussione, sono stati svelati i risultati di un questionario proposto in diretta al pubblico. Su un campione composto da non profit, aziende, società benefit, sgr e consulenti, le risposte alla domanda sul perché misurare l’impatto sociale sono state varie ma coerenti: per orientare la strategia e per prendere decisioni, per dimostrarsi responsabili e, in minore misura, per rispondere a richieste di stakeholder esterni.

Sul come misurare l’impatto si è riscontrata una maggiore diversità: divisione quasi equa tra chi usa metodologie standard e chi invece usa metodi su misura, mentre le organizzazioni che usano risorse interne sono in lieve maggioranza rispetto a chi si affida a consulenti esterni.

Le sfide della misurazione dell’impatto sociale sono molte e il dibattito sul metodo è ancora aperto. Ma valutare l’impatto sta proprio nell’accettare le criticità e i confini confusi e rendere il processo flessibile e personalizzato alla propria identità.

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